la Qualità del Gioco – Articolo di Pierre Villepreux da Midi Olimpique del 3/10/16

Come competere in novembre con L’Australia e la Nuova Zelanda? Dando uno sguardo alla qualità del gioco che ci propone il TOP 14, si può, dopo sette giornate, affermare che il gioco prodotto in questa competizione risponde ai criteri di gioco che abbiamo il diritto di aspettarci? La sfida è difficile. Gli effettivi dell’Australia e della Nuova Zelanda sono, nei loro campionati, dei giocatori agguerriti da un rugby fatto di entusiasmo, audacia, creatività, velocità, ritmo, dei giocatori preparati alle esigenze richieste dalla eccellenza del rugby. La messa in opera di questo gioco si realizza di pari maniera nei loro club e con la squadra nazionale, l forza dell’abitudine permette loro di farlo senza reticenze e a apprensione.
La mia impressione, è che esiste una differenza quanto alle intenzioni del gioco che si vuole metter in pratica e conseguentemente del volume sviluppato tra noi e loro. Per rispondere a questa produzione, quella che rischiano di imporci in nostri prossimi avversari, sarebbe conveniente che la competizioni ci prepari, che ci possa confrontare a queste caratteristiche tecnico-tattiche e fisiche in modo da poterci “inebriare” di gioco con sicurezza e fiducia.
Non è a caso che i giocatori francesi nelle cattive loro giornate esprimendo tutto il loro smarrimento, a livello internazionale, hanno la sensazione di “essere sotto”. Quando tutto va più veloce, quando si manca di padronanza, il rapporto di forza è più sovente sfavorevole che favorevole. In difetto d’abitudine, non si può più replicare, si subisce il gioco avverso e non sono soltanto gli allenamenti che possono colmare questo deficit. Anche se oggi tutti i rugby del modo bene o male si assomigliano nelle forme, lo spirito e il modo di abbordarlo mentalmente, di concepirlo non è lo stesso qui e là nei rispettivi campionati. Includo in questo modello anche il rugby inglese che è largamente portatore di questo stato di spirito in relazione al gioco che non può oggi accontentarsi del solo risultato.
Ci sono certamente altri motivi per spiegare queste carenze. Mi meraviglio sempre, a questo livello, di veder fallire un buon numero di azioni che tuttavia danno l’impressione di riunire tutte le condizioni favorevoli affinché il gioco continui efficacemente. Si cerca di attribuire questi errori alle cattive scelte dei giocatori coinvolti nell’azione. Sicuramente è vero, ma questa mancanza di riferimenti nel dialogo attacco-difesa hanno possibilità di evolvere solo se i giocatori ne vengano confrontati, certo in allenamento, ma soprattutto nella competizione che resta l’unico modo, con “pallone reale” di messa in pratica. Bisogna inoltre per impadronirsi di questa logica di funzionamento e interazione tra il portatore di palla, i compagni e allo stesso tempo gli avversari che le ambizioni di gioco sano adeguate.
Quest’autunno, i Tricolori (di Francia ndt) affronteranno due test difficili. I giocatori de Guy Novès saranno in grado di rispondere a questa sfida? Difficile a dirsi, dato che il coach non potrà che contare sugli allenamenti e sui giocatori più a loro agio per rispondere a questo tipo di gioco. Attualmente, Clermont Ferrand è la squadra più rappresentativa di questa dinamica collettiva. I giocatori francesi, a livelli diversi, non mancano di potenzi alitò. Sono capaci di innalzarsi verso un livello di gioco più superiore necessariamente più ambizioso più rifinito, quello che il rugby d’eccellenza richiede. Dalla necessità di risultati, è certamente tutta un’altra rappresentazione del gioco che in generale il rugby francese fatica ad appropiarsene.